IMPARARE A
STARE INSIEME,
DIVERTENDOSI
di Gianni Segala
Nel nostro gruppo le occasioni per stare insieme agli altri le abbiamospesso. Meno spesso, invece, abbiamo l’opportunità di convivere con80 ragazzi e ragazze per quattro giorni.
Quella che abbiamo vissuto a Senigallia è stata appunto la possibilità di vivere con loro, di condividere cose e momenti, insomma, di avvicinarci un po’di più all’universo giovani.
Per chi non lo sa, e immagino siano i più, dal primo al quattro settembre abbiamo realizzato l’ormai annuale incontro con la Virtus Campobasso, una società di atletica leggera alla quale, con tempi e modalità diversi, siamo legati da molti anni.
Dopo gli ultimi due anni di ospitalità reciproca nei rispettivi paesi, quest’anno abbiamo pensato di trovarci a metà strada. Senigallia ci ha ospitati in questo scorcio di estate, nella quale fratello sole ha pensato di accompagnarci per tutti e tre i giorni. Sapeva forse che arrivavamo noi? Credo proprio di si! Ci siamo dunque trovati, anzi, ritrovati: per fare cosa? Per allenarci, per gareggiare anche in modo giocoso, per conoscere e conoscerci un po’ di più.
Per molti non era la prima volta, per altri, soprattutto i più piccoli, la novità rappresentava anche una certa diffi coltà, perché mettersi in gioco con coetanei “sconosciuti” è meno comodo che rimanere con quelli che si conoscono. Comprensibile.
Ma le occasioni create per condividere molte ore delle giornate hanno favorito l’avvicinamento e alla fi ne l’amicizia si è rinforzata, complici i giochi, le gare, certo, ma anche le passeggiate insieme, la musica, le canzoni, i balli.
Ogni tanto mi chiedevo il vero valore di questo incontro: quale messaggio vogliamo trasmettere, perché impegnare queste forze, considerando che non sono le sole investite in atletica durante l’anno. E io sono quello che di forze ne mette, forse, meno degli altri.
La risposta si può forse trovare nella voglia profonda di dimostrare agli altri, ma ancora più a noi stessi, ciò che è possibile fare: incontrare persone che hanno diverse idee e abitudini, sperimentare cose nuove, provare a vivere insieme agli altri dandosi delle regole, rispettare tali regole, così come rispettare le idee altrui, “ascoltare” i punti di vista di chi imposta le cose diversamente da noi, vedere in questo un arricchimento personale e comunitario.
Tutto ciò ci porta a riconsiderare le nostre vedute. E se riusciamo ad apprezzare questo, anzi, a considerarlo una vera ricchezza, bene, ciò ci può senz’altro aiutare.
Stare con i ragazzi che crescono, con l’impressione che crescano in modo più veloce di come noi riusciamo a comprendere il cambiamento mi pone un’altra domanda: qual è il nostro ruolo di adulti in mezzo a questi ragazzi che crescono? Ci sentiamo adeguati? O siamo noi i primi a non aver le idee
chiare su come muoverci? Sì, penso, è meglio avere il coraggio di ammetterlo.
A volte anche noi ci sentiamo spaesati, come i ragazzi lo sono quando affrontano cose diverse.
Meglio ammetterlo, almeno a noi stessi, meglio rendersi conto che a noi prima di tutto servono idee chiare, se poi queste idee vogliamo trasmetterle.
Quali possono essere queste idee chiare? Poche ma buone si diceva un tempo.
Una di queste che ritengo fondamentali è che i giovani “sentono” come noi parliamo loro, percepiscono subito se parliamo a loro dal nostro “pulpito” o se parliamo con loro di quello che vivono, che sentono, che provano.
E’ possibile comunicare con loro se parliamo con il cuore, se riconosciamo di avere sentimenti e non abbiamo paura di nasconderlo. La loro apparente durezza spesso è una maschera per difendersi da chi vuol parlare a loro con la fredda ragione e non con la forza del sentimento.
Aiutiamoli e aiutiamoci… parlando anche di questo. Ne abbiamo bisogno.